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AGATHA E SOFIA

Sofia aveva sei anni, era una bellissima bambina, capelli biondi color del grano, grandi occhi color nocciola scintillanti e pelle rosea e luminosa.
Sua madre Sara e suo padre Thomas erano benestanti e avevano una bella casa con un giardino in cui la bambina poteva giocare con le sue bambole.

Un giorno, appena entrata in classe, con i suoi capelli biondi perfettamente arricciati e il vestitino turchese perfettamente stirato, sentii la sua maestra entrare annunciando che avrebbero avuto una nuova compagna di classe.

Agatha entrò timidamente. Non conosceva nessuno di quei bambini che la fissavano. Occhi di vari colori posati su di lei, curiosi. Straniti.
<bambini!! silenzio per favore!! Lei è Agatha, sarà la nostra nuova compagna di classe!!> esclamò la giovane donna entusiasta, battendo una sola volta le mani.
Silenzio assoluto.
L’eco del battito andò piano piano spegnendosi come lo sfrigolio del fuoco a contatto dell’acqua.
Nessuno si mosse.
Nessun “ciao!!”.
Nessun sorriso gentile.
Solo occhi chiari e scuri puntati su di lei.
Occhi curiosi.
Occhi scrutatori.
Anche occhi spaventati.
Aghata dopotutto se lo aspettava. Mamma Naomi le aveva detto che era solo da poco tempo che a “quelli come loro” era concesso di frequentare di nuovo liberamente i luoghi pubblici come la scuola; e che probabilmente quasi nessuno sarebbe stato gentile con lei all’inizio.
<ciao..> disse con voce timida e sottile la bambina dalla pelle scura. I capelli ricci e scuri come l’ebano le cadevano morbidamente sulla schiena, in contrasto con il vestitino color panna.
<forza Agatha, puoi sederti vicino a Sofia, la bambina con il vestito azzurro.> le disse dolcemente la maestra.
Agatha si limitò ad annuire timidamente e sfilò con passo insicuro tra i suoi nuovi compagni di banco sedendosi nel banco vuoto vicino alla biondina.

Sofia osservò con curiosità la nuova arrivata sedersi a fianco a lei. Non aveva mai visto una persona dalla pelle così scura; all’inizio pensò che fosse dipinta, ma dovette ricredersi quando la vide grattarsi un braccio e rimanere dello stesso color cioccolata.
Mamma Sara le aveva detto che erano cattive persone, che venivano nel loro paese solo per rubare e fare del male alla gente; ma a lei sembrava impossibile che una bambina con un viso così dolce come Aghata potesse fare una cosa tanto brutta.
Decise di volerla conoscere.
Voleva diventare sua amica.

Appena iniziata la ricreazione, maestra Giulia vide i suoi giovani studenti e studentesse uscire nel cortile ridendo e studiando con allegria. Le venne spontaneo sorridere. Fare l’insegnante e prendersi cura cura dei bambini era un mestiere che aveva sempre sognato di fare, ed era riuscita a realizzarlo. Si girò lisciandosi la lunga gonna scura dopo essersi assicurata che nessuno dei suoi alunni era in imminente pericolo di morte e vide che due delle sue alunne erano rimaste sedute ai loro banchi a chiacchierare. O meglio, Sofia parlava gesticolando animatamente mentre Agatha ridacchiava timidamente alle sue buffe espressioni.
Maestra Giulia si avvicinò a loro chinandosi sulle ginocchia alla loro altezza.
<ragazze! Forza uscite, oggi c’è il sole, non vorrete rimanere qui al chiuso con questo bel tempo vero?> disse sorridendo.
Fu Sofia ad agire, prendendo per mano la sua nuova amica Agatha e portandola fuori in giardino.

Agatha stette in un silenzio imbarazzato mentre la biondina la trascinava allegramente all’aperto facendola sedere affianco a lei su un basso muretto di pietra.
Sofia le stava raccontando della sua grande e luminosa casa, descrisse tanto abilmente l’abitazione che poteva quasi sentire la sua risata di bambina mentre giovava con la sua gattina Mery, oppure il profumo di piatti appena sfornati mischiarsi alla dolce essenza delle rose che mamma Sara teneva su un tavolino in salotto..
Agatha tutto quell’agio se lo poteva solo immaginare; certo, aveva una bella casa anche lei, ma sicuramente non così grande e bella come quella dell’amica.
Papà Gabriel aveva lavorato per tanti anni come operaio finché il suo capo, un certo Emanuele dal cuore buono, aveva notato come lui raccontava bene le storie per i compagni più stanchi, per motivarli a continuare il lavoro. Lo aveva preso con sé ed in poco tempo lo aveva fatto diventare un uomo influente nella letteratura; rendendo parecchio famosi i suoi romanzi. Con i soldi che ne aveva ricavato aveva comprato una bella casa nel quartiere ricco della città; cosa che aveva provocato anche scandalo. Ora mamma Naomi non doveva più cucinare tutti i giorni, sua sorella Maria non doveva più lavorare come cameriera nei bar malmessi, sua sorella Cristina non doveva più accontentare ogni desiderio che le chiedeva il suo capo e suo fratello Manuel poteva smettere di lavorare a quindici anni e tutti e tre potevano finalmente realizzare il loro sogno di studiare per fare un lavoro ben pagato, seguendo le loro passioni; il teatro, la politica e la musica.
Agatha stava per chiederle se avesse avuto un cagnolino quando una forte spinta la fece cadere dal muretto. Sentì un bruciore sordo sulla guancia, e quando se la toccò vide le dita sporche di sangue.
<ma guarda! Questi negri ce li ritroviamo ovunque ultimamente, si moltiplicano come formiche.. ora dobbiamo sopportarli anche a scuola!! Sei venuta a venderci qualcosa per portare un po’ di soldi a casa?>
Agatha sentì gli occhi e il naso pizzicarle. Sarebbe scoppiata a piangere da un momento all’altro.
Fu Sofia a salvarla da quella situazione.

Si alzò in piedi furiosa davanti a quel ragazzo con i capelli color paglia che rideva insieme ai suoi stupidi amici per la battuta appena fatta. Come si permetteva di trattare così la sua amica?!
<ehi voi! La volete smettere? Non siete affatto simpatici!!> protestò con le guance normalmente rosee ora rosse per la rabbia.
<senti mocciosetta, sta zitta> Sofia strinse i piccoli pugni e gli lanciò uno sguardo furioso e sprezzante degno di una regina.
Si chinò e aiutò Agatha ad alzarsi, poi corse all’interno dell’aula trascinando con se l’amica.
<maestra!! Davide ha spinto Agatha, guardi!> disse mostrandole il taglio sulla guancia di Aghata.

Maestra Giulia si alzò di scatto dirigendosi a passo veloce e con espressione arrabbiata nel giardino, di solito era di indole dolce, ma quando si arrabbiava faceva paura a tutti.
Camminò spedita verso Davide, che intanto cercava di allontanarsi.
<Sarti Davide! Vai subito dal preside e aspettami lì. Deciderò insieme ad Aghata ed al preside come punirti, ed esigo anche la motivazione per quel che hai fatto. Vai!>.
Mentre il ragazzo se ne andava stringendo i pugni, Giulia andò in fretta verso il bagno, bagnando di acqua gelida un pezzo di stoffa. Tornò dentro la classe e ripulì con delicatezza la ferita di Aghata, che si rivelò essere poco più di un taglietto causato da un sasso contro cui era andata a sbattere cadendo.
<non preoccuparti bambina mia, non è niente per fortuna. Ti prometto che quel ragazzo non ti infastidirà più> disse rassicurandola con un sorriso.
E mentre Sofia l’abbracciava ridendo, Aghata credette a quelle parole.
Strinse la sua nuova migliore amica tra le sue braccia e sorrise.

A cura di Chiara Boschi, allieva della classe III C della Scuola Secondaria di Primo Grado “Moruzzi” di Ceretolo, per il progetto “Portiamo a scuola la comunicazione di genere: NarrAzione di Genere 2018”, finanziato dalla Regione Emilia Romagna

Raul è ancora vivo

Firenze, ragazzino albanese di appena 15 anni, ieri nel tardo pomeriggio stava tornando a casa da un corso pomeridiano a scuola, quando è stato aggredito da una baby gang di 5 persone tra 25 e 30 anni.
Raul è un ragazzo solare, fragile, il figlio che tutte le madri vorrebbero spiega sua mamma. Raul era passato a prendere la carne per la cena, era appena uscito dal negozio quando cinque persone gli sono saltate addosso.
Hanno iniziato a picchiarlo, a buttarlo a terra e a calciarlo fino a quando hanno visto che lui non rispondeva più, non dava più cenni di vita e lo hanno lasciato li per terra, solo. Quando la gang è andata via è arrivata la gente che aveva assistito alla scena per soccorrerlo. Raul è stato portato con urgenza all’ospedale, ha subito un trauma cranico e adesso è in coma. La mamma parla al presente perché dice che Raul è ancora vivo, pieno di speranze.

A cura di un’allieva della classe III C della Scuola Secondaria di Primo Grado “Moruzzi” di Ceretolo, per il progetto “Portiamo a scuola la comunicazione di genere: NarrAzione di Genere 2018”, finanziato dalla Regione Emilia Romagna

Pregiudizi e Stereotipi

Ai giorni nostri, purtroppo, ci sono troppi stereotipi e pregiudizi che possono essere di tre tipi: quello razziale, basato sulle diversità tra le persone bianche e quelle di colore, ma non solo, perché negli Stati Uniti i privilegi e i diritti legali o sociali vennero dati ai bianchi Americani e invece negati ai nativi Americani (popoli nati in America prima della colonizzazione: i Pelle Rossa). Un’altra forma di pregiudizio razziale è l’antisemitismo, cioè una persecuzione verso l’Ebraismo svolta da una o più persone, causata da un preconcetto storico-religioso.
Il secondo tipo di pregiudizio è l’androcentrico, basato sulla superiorità dell’uomo rispetto alla donna visto che essa, in passato, era soggetta a non avere un lavoro o diritto al voto; mentre l’ultimo è quello etnocentrico, basato sul giudicare altre culture secondo la propria cultura di appartenenza.
Secondo me tra 20 anni queste fissazioni di alcune persone svaniranno e vedremo tutti aiutarsi a vicenda, ma questo avverrà soltanto quando i razzisti smetteranno di esserlo e capiranno che siamo tutti uguali e che non è il colore della pelle a renderci diversi. A volte, però, questo avviene a causa di un’idea sbagliata dei genitori che insegnano ai figli, come per esempio “se non dormi chiamo l’uomo nero”, di conseguenza i bambini cresceranno con la paura di stare vicini o avvicinarsi ad una persona di colore.

A cura di un allievo della classe III C della Scuola Secondaria di Primo Grado “Moruzzi” di Ceretolo, per il progetto “Portiamo a scuola la comunicazione di genere: NarrAzione di Genere 2018”, finanziato dalla Regione Emilia Romagna

NarrAzione di genere- Formazione 2018

Parte a maggio 2018 la terza edizione del progetto “Portiamo a scuola la comunicazione di genere: NarrAzione di genere” grazie al sostegno della Regione Emilia Romagna Assessorato pari Opportunità.

Il progetto vede Youkali capofila accanto a numerosi partner: Tavola delle donne , AICS Bologna, Cospe, Udi Bologna, Associazione Come l’Aria connessa a Radio Città Fujiko, e con la collaborazione di Unione dei Comuni dell’Appennino Bolognese e Quartiere Porto- Saragozza.

Il progetto prevede una parte di formazione dedicata a docenti in ruolo o ad aspiranti educatori ed esperti nella comunicazione sociale che partirà l’11 maggio 2018.

Le lezioni di formazione avranno luogo in due sedi differenti: la sala Polivalente del Quartiere Porto- Saragozza in via Berti 2/9 e la sede di AICS Bologna in via San Donato 146 2/c.

Il programma di formazione pevede una prima fase di lavoro tra maggio e giugno e una ripresa a settembre che proseguirà fino a dicembre comprendendo anche una sorta di tirocinio formativo all’interno di scuole del territorio dell’Appennino Bolognese con la realizzazione di laboratori sulla comunicazione di genere.

L’azione portante del progetto infatti, è la formazione di bambini e ragazzi delle scuole per realizzare la quale la formazione degli adulti è un tassello imprescindibile.

Youkali coordinerà la realizzazione di alcuni laboratori scolastici nell’Appennino bolognese sia all’interno di Scuole dell’Infanzia che Primarie e Secondarie di I grado.

I laboratori scolastici di NarrAzione di genere mirano a far lavorare i bambini e i ragazzi più grandi sulla narrazione intesa sia come narrazione tradizionale, orale, sia come teatro che come narrazione con strumenti della comunicazione massmediatica (video, audio e web), per ragionare insieme sugli stereotipi in particolare di genere che sono già nelle loro menti fin dalla prima infanzia e per comprendere i meccanismi del conflitto onde evitarne l’escalation nelle forme più gravi che conosciamo di bullismo, di violenza psicologica e fisica bsata su pre- giudizi e mancanza di rispetto.

Per partecipare alla formazione destinata agli adulti è sufficiente mandare una mail a mediaalloscoperto@youkali.it con curriculum e motivazioni d’interesse. La formazione è gratuita con tessera Youkali (necessaria per la copertura assicurativa per tutto il periodo di corso).

Per conoscere il calendario della formazione adulti e i dettagli del progetto clicca sul link: NarrAzione di genere

Diverso da chi? L’anima è la stessa

Unità nella diversità

Cartelloni elaborati dalla classe I C per la campagna

“Diverso da chi?”

 

Elaborati di  gruppi di studenti della classe I C della Scuola Rolandino De’ Passaggeri, Bologna, laboratorio “Lo sguardo dell’altro, l’incontro con l’altro” nell’ambito del Progetto Educalè cofinanziato con i fondi della Legge Regionale 18/2016 “Testo unico per la promozione della legalità e per la valorizzazione della cittadinanza e dell’economia responsabili” e nell’ambito di “Portiamo a scuola la comunicazione di genere” cofinanziato da Regione Emilia Romagna, annualità 2017.

Le stesse possiblità

Smontiamogli stereotipi 2

Smontiamo gli stereotipi per dare a maschi e femmine le stesse possibilità

Diverso da chi??

 

Elaborato della classe I A della Scuola Rolandino De’ Passaggeri, Bologna, laboratorio “Lo sguardo dell’altro, l’incontro con l’altro” nell’ambito del Progetto Educalè cofinanziato con i fondi della Legge Regionale 18/2016 “Testo unico per la promozione della legalità e per la valorizzazione della cittadinanza e dell’economia responsabili” e nell’ambito di “Portiamo a scuola la comunicazione di genere” cofinanziato da Regione Emilia Romagna, annualità 2017.

Diritto al rispetto

Diverso da chi??

Essere diversi non è un difetto abbiamo tutti diritto allo stesso rispetto!

Dall’articolo 3 della Costituzione all’elaborazione grafica

 

Elaborato della classe I A della Scuola Rolandino De’ Passaggeri, Bologna, laboratorio “Lo sguardo dell’altro, l’incontro con l’altro” nell’ambito del Progetto Educalè cofinanziato con i fondi della Legge Regionale 18/2016 “Testo unico per la promozione della legalità e per la valorizzazione della cittadinanza e dell’economia responsabili” e nell’ambito di “Portiamo a scuola la comunicazione di genere” cofinanziato da Regione Emilia Romagna, annualità 2017.

Analizziamo gli spot sessisti

analisi di spot pubblicitari

 

Abbiamo notato che negli spot pubblicitari di diversi decenni (dagli anni ’50 ad oggi, senza sostanziali cambiamenti), solitamente la donna è rappresentata mentre pulisce, lava, stira, mentre generalmente l’uomo guarda la TV e non si interessa della casa.

La donna è rappresentata spesso in modo volgare, svestita, nuda o con abiti succinti per fare da “esca” nei confronti del prodotto soprattutto per prodotti destinati al pubblico maschile.

Quando l’uomo è rappresentato senza maglietta esibisce un fisico muscoloso, prestate. L’accento viene messo sempre sui corpi, sui muscoli anzichè su altre qualità di uomini e donne.

Molte pubblicità si basano su stereotipi per catturare l’attenzione e appoggiano atteggiamenti razzisti nei confronti dell’altro, del diverso.

La pubblicità presenta la famiglia “ideale” composta da mamma, papà e figli, tutti sorridenti e felici. L’ordine è mantenuto dalla mamma che si occupa della casa e i padri vengono dipinti come bravi lavoratori che portano i soldi a casa.

La donna ancor oggi, nelle pubblicità è una figura sottomessa, schiava, che deve soddifsare i desideri dell’uomo. E’ ancora un corpo sfruttato per il piacere maschile.

Riflessioni degli allievi della classe III F Scuola Rolandino De’ Passaggeri, Bologna, laboratorio “Lo sguardo dell’altro, l’incontro con l’altro” nell’ambito del Progetto Educalè cofinanziato con i fondi della Legge Regionale 18/2016 “Testo unico per la promozione della legalità e per la valorizzazione della cittadinanza e dell’economia responsabili” e nell’ambito di “Portiamo a scuola la comunicazione di genere” cofinanziato da Regione Emilia Romagna, annualità 2017.

Per la famiglia rock

Per la famiglia rock

Abbiamo giocato a rifare uno spot pubbicitario senza stereotipi.

Sarebbe importante che nelle famiglie le pulizie si facessero insieme, senza caricare tutto sulle spalle delle donne!

Elaborato di un gruppo di studenti della classe  II D della Scuola Rolandino De’ Passaggeri, Bologna, laboratorio “Lo sguardo dell’altro, l’incontro con l’altro” nell’ambito del Progetto Educalè cofinanziato con i fondi della Legge Regionale 18/2016 “Testo unico per la promozione della legalità e per la valorizzazione della cittadinanza e dell’economia responsabili” e nell’ambito di “Portiamo a scuola la comunicazione di genere” cofinanziato da Regione Emilia Romagna, annualità 2017.

Tutto è bello se condiviso!

Abbiamo destrutturato un noto spot pubblicitario di un bagnoschiuma che era ambientato in Sicilia e presentava quella regione in modo stereotipato, con i pecorai con la coppola in testa, tutti uomini, pronti a guardare con avidità una donna giovane poco vestita. Abbiamo provato a rovesciare gli stereotipi sulla Sicilia, su quegli uomini dipinti come mossi soltanto da istinti primordiali,  per immaginare un mondo in cui uomini e donne si distribuiscono il lavoro dentro e fuori casa, in cui si riconosce anche alla donna il diritto al riposo dopo le fatiche della giornata e in cui si possono condividere momenti di felicità.

 

Elaborato di un gruppo di  studenti  della classe II D della Scuola Rolandino De’ Passaggeri, Bologna, laboratorio “Lo sguardo dell’altro, l’incontro con l’altro” nell’ambito del Progetto Educalè cofinanziato con i fondi della Legge Regionale 18/2016 “Testo unico per la promozione della legalità e per la valorizzazione della cittadinanza e dell’economia responsabili” e nell’ambito di “Portiamo a scuola la comunicazione di genere” cofinanziato da Regione Emilia Romagna, annualità 2017.