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La III A della Secondaria di I grado di Grizzana ragiona sugli stereotipi e sul bullismo

Guarda i video realizzati dalla  Classe III A della Scuola Don Milani di Grizzana Morandi.

Nell’autunno 2018 le allieve e gli allievi della III della Scuola Secondaria di I grado Don Milani di Grizzana Morandi, hanno partecipato al laboratorio “Diverso da chi?” all’interno del progetto “Portiamo a scuola la comunicazione di genere: NarrAzione di genere 2018“. curato dalle socie di Associazione Youkali APS Valeria Porretta, Ruben Lazzerini e Giuliana Giordano.

Il gruppo classe ha realizzato un video spot contro il bullismo insieme alle socie e soci di Youkali Valeria Porretta, Ruben Lazerini e Giuliana Giordano.

 

Docenti, ragazzi e ragazze, formatrici e formatori hanno ragionato insieme anche sugli stereotipi di genere partendo dall’analisi delle pubblicità televisive.

In questo video i loro commenti.

 

Nel corso del laboratorio allievi e allieve hanno poi lavorato sullo storytelling creando brevi racconti, che trovate nelle pagine di questo sito, immaginandosi proiettati in un futuro senza stereotipi.

Fra vent’anni

Oggi viviamo in un mondo con molti pregiudizi e stereotipi, i pregiudizi fanno si che persone vengano giudicate prima che siano conosciute, spesso in modo negativo.
Simili sono gli stereotipi: anche loro ci fanno apparire il mondo più aspro e cattivo.
I pregiudizi e le discriminazioni tra uomo e donna sono molti, ad esempio: gli uomini vengono pagati più delle donne, fanno più carriera…
Fra vent’anni ci aspettiamo che si raggiunga la parità fra uomo e donna.
Per vivere in armonia con gli altri bisognerebbe non giudicare le persone dal loro aspetto fisico o da come si comportano e non essere influenzati dai pensieri altrui.

A cura di Francesca, allieva della classe III C della Scuola Secondaria di Primo Grado “Moruzzi” di Ceretolo, per il progetto “Portiamo a scuola la comunicazione di genere: NarrAzione di Genere 2018”, finanziato dalla Regione Emilia Romagna

Sii ciò che vuoi, sempre

La storia che oggi racconto parla di un ragazzo senegalese di nome Samuel.
Samuel era un ragazzo di 29 anni, proveniente dal Senegal, che aveva dovuto abbandonare tutta la sua famiglia ed il suo lavoro per venire qui in Italia alla ricerca di una vita migliore e soprattutto un lavoro migliore e condizioni di vita migliori di prima.
Ho detto “era”, infatti, perché Samuel è stato picchiato a sangue e ucciso da 4 ragazzi di circa 17/18 anni solo perché era Nero, di colore, cioè un colore di pelle diverso dal loro. Una cosa inspiegabile.
Perché succedono ancora queste cose?
Perché dobbiamo andare avanti in questo modo? Dovremo farlo ancora per molto?
Quando è che finiranno questi stupidi ed insignificanti pregiudizi?

Ognuno dovrebbe vivere con il fatto che nessuno è superiore a nessun altro, che non sei migliore se giudichi una persona senza nemmeno conoscerla, sulla base di un pregiudizio, cosa del tutto sbagliata da fare.

Ognuno di noi è libero di essere ciò che vuole e diventare ciò vuole, indipendentemente da quello che gli altri pensano.
Devi essere felice con te stesso e non far felice gli altri.

sii ciò che vuoi, sempre

A cura di Martina Tromboni, allieva della classe III C della Scuola Secondaria di Primo Grado “Moruzzi” di Ceretolo, per il progetto “Portiamo a scuola la comunicazione di genere: NarrAzione di Genere 2018”, finanziato dalla Regione Emilia Romagna

Amici a scuola

Mi ricordo, quando eravamo alle elementari, molti avevano dei problemi ad andare d’accordo.
Si formavano molti gruppetti, molte persone che giocavano con i sentimenti altrui ma ora, per molte persone, si è sistemato tutto.
Alle elementari c’era un bambino che veniva spesso escluso dai giochi e dei lavoretti di gruppo e solo dalla quinta elementare abbiamo iniziato, quasi tutti, ad andare d’accordo.
Veniva spesso preso in giro per il suo aspetto e lui ci rimaneva molto male, andava spesso dalle maestre a lamentarsi di qualcuno, ma sembrava,quasi, che non importasse nessuno.
Le maestre intervenivano sgridando i bambini ma solo dopo tanto tempo riuscirono a far andare d’accordo questo bambino con il resto della classe.
Ci facevano fare tanti lavori in cui, i gruppi venivano decisi dalle insegnati e, a quanto pare, è servito, perché dopo tanto tempo, esattamente in quinta elementare, siamo riusciti ad andare d’accordo restando ,anche oggi, tutti amici.

A cura di Federica Pesaresi, allieva della classe III C della Scuola Secondaria di Primo Grado “Moruzzi” di Ceretolo, per il progetto “Portiamo a scuola la comunicazione di genere: NarrAzione di Genere 2018”, finanziato dalla Regione Emilia Romagna

AGATHA E SOFIA

Sofia aveva sei anni, era una bellissima bambina, capelli biondi color del grano, grandi occhi color nocciola scintillanti e pelle rosea e luminosa.
Sua madre Sara e suo padre Thomas erano benestanti e avevano una bella casa con un giardino in cui la bambina poteva giocare con le sue bambole.

Un giorno, appena entrata in classe, con i suoi capelli biondi perfettamente arricciati e il vestitino turchese perfettamente stirato, sentii la sua maestra entrare annunciando che avrebbero avuto una nuova compagna di classe.

Agatha entrò timidamente. Non conosceva nessuno di quei bambini che la fissavano. Occhi di vari colori posati su di lei, curiosi. Straniti.
<bambini!! silenzio per favore!! Lei è Agatha, sarà la nostra nuova compagna di classe!!> esclamò la giovane donna entusiasta, battendo una sola volta le mani.
Silenzio assoluto.
L’eco del battito andò piano piano spegnendosi come lo sfrigolio del fuoco a contatto dell’acqua.
Nessuno si mosse.
Nessun “ciao!!”.
Nessun sorriso gentile.
Solo occhi chiari e scuri puntati su di lei.
Occhi curiosi.
Occhi scrutatori.
Anche occhi spaventati.
Aghata dopotutto se lo aspettava. Mamma Naomi le aveva detto che era solo da poco tempo che a “quelli come loro” era concesso di frequentare di nuovo liberamente i luoghi pubblici come la scuola; e che probabilmente quasi nessuno sarebbe stato gentile con lei all’inizio.
<ciao..> disse con voce timida e sottile la bambina dalla pelle scura. I capelli ricci e scuri come l’ebano le cadevano morbidamente sulla schiena, in contrasto con il vestitino color panna.
<forza Agatha, puoi sederti vicino a Sofia, la bambina con il vestito azzurro.> le disse dolcemente la maestra.
Agatha si limitò ad annuire timidamente e sfilò con passo insicuro tra i suoi nuovi compagni di banco sedendosi nel banco vuoto vicino alla biondina.

Sofia osservò con curiosità la nuova arrivata sedersi a fianco a lei. Non aveva mai visto una persona dalla pelle così scura; all’inizio pensò che fosse dipinta, ma dovette ricredersi quando la vide grattarsi un braccio e rimanere dello stesso color cioccolata.
Mamma Sara le aveva detto che erano cattive persone, che venivano nel loro paese solo per rubare e fare del male alla gente; ma a lei sembrava impossibile che una bambina con un viso così dolce come Aghata potesse fare una cosa tanto brutta.
Decise di volerla conoscere.
Voleva diventare sua amica.

Appena iniziata la ricreazione, maestra Giulia vide i suoi giovani studenti e studentesse uscire nel cortile ridendo e studiando con allegria. Le venne spontaneo sorridere. Fare l’insegnante e prendersi cura cura dei bambini era un mestiere che aveva sempre sognato di fare, ed era riuscita a realizzarlo. Si girò lisciandosi la lunga gonna scura dopo essersi assicurata che nessuno dei suoi alunni era in imminente pericolo di morte e vide che due delle sue alunne erano rimaste sedute ai loro banchi a chiacchierare. O meglio, Sofia parlava gesticolando animatamente mentre Agatha ridacchiava timidamente alle sue buffe espressioni.
Maestra Giulia si avvicinò a loro chinandosi sulle ginocchia alla loro altezza.
<ragazze! Forza uscite, oggi c’è il sole, non vorrete rimanere qui al chiuso con questo bel tempo vero?> disse sorridendo.
Fu Sofia ad agire, prendendo per mano la sua nuova amica Agatha e portandola fuori in giardino.

Agatha stette in un silenzio imbarazzato mentre la biondina la trascinava allegramente all’aperto facendola sedere affianco a lei su un basso muretto di pietra.
Sofia le stava raccontando della sua grande e luminosa casa, descrisse tanto abilmente l’abitazione che poteva quasi sentire la sua risata di bambina mentre giovava con la sua gattina Mery, oppure il profumo di piatti appena sfornati mischiarsi alla dolce essenza delle rose che mamma Sara teneva su un tavolino in salotto..
Agatha tutto quell’agio se lo poteva solo immaginare; certo, aveva una bella casa anche lei, ma sicuramente non così grande e bella come quella dell’amica.
Papà Gabriel aveva lavorato per tanti anni come operaio finché il suo capo, un certo Emanuele dal cuore buono, aveva notato come lui raccontava bene le storie per i compagni più stanchi, per motivarli a continuare il lavoro. Lo aveva preso con sé ed in poco tempo lo aveva fatto diventare un uomo influente nella letteratura; rendendo parecchio famosi i suoi romanzi. Con i soldi che ne aveva ricavato aveva comprato una bella casa nel quartiere ricco della città; cosa che aveva provocato anche scandalo. Ora mamma Naomi non doveva più cucinare tutti i giorni, sua sorella Maria non doveva più lavorare come cameriera nei bar malmessi, sua sorella Cristina non doveva più accontentare ogni desiderio che le chiedeva il suo capo e suo fratello Manuel poteva smettere di lavorare a quindici anni e tutti e tre potevano finalmente realizzare il loro sogno di studiare per fare un lavoro ben pagato, seguendo le loro passioni; il teatro, la politica e la musica.
Agatha stava per chiederle se avesse avuto un cagnolino quando una forte spinta la fece cadere dal muretto. Sentì un bruciore sordo sulla guancia, e quando se la toccò vide le dita sporche di sangue.
<ma guarda! Questi negri ce li ritroviamo ovunque ultimamente, si moltiplicano come formiche.. ora dobbiamo sopportarli anche a scuola!! Sei venuta a venderci qualcosa per portare un po’ di soldi a casa?>
Agatha sentì gli occhi e il naso pizzicarle. Sarebbe scoppiata a piangere da un momento all’altro.
Fu Sofia a salvarla da quella situazione.

Si alzò in piedi furiosa davanti a quel ragazzo con i capelli color paglia che rideva insieme ai suoi stupidi amici per la battuta appena fatta. Come si permetteva di trattare così la sua amica?!
<ehi voi! La volete smettere? Non siete affatto simpatici!!> protestò con le guance normalmente rosee ora rosse per la rabbia.
<senti mocciosetta, sta zitta> Sofia strinse i piccoli pugni e gli lanciò uno sguardo furioso e sprezzante degno di una regina.
Si chinò e aiutò Agatha ad alzarsi, poi corse all’interno dell’aula trascinando con se l’amica.
<maestra!! Davide ha spinto Agatha, guardi!> disse mostrandole il taglio sulla guancia di Aghata.

Maestra Giulia si alzò di scatto dirigendosi a passo veloce e con espressione arrabbiata nel giardino, di solito era di indole dolce, ma quando si arrabbiava faceva paura a tutti.
Camminò spedita verso Davide, che intanto cercava di allontanarsi.
<Sarti Davide! Vai subito dal preside e aspettami lì. Deciderò insieme ad Aghata ed al preside come punirti, ed esigo anche la motivazione per quel che hai fatto. Vai!>.
Mentre il ragazzo se ne andava stringendo i pugni, Giulia andò in fretta verso il bagno, bagnando di acqua gelida un pezzo di stoffa. Tornò dentro la classe e ripulì con delicatezza la ferita di Aghata, che si rivelò essere poco più di un taglietto causato da un sasso contro cui era andata a sbattere cadendo.
<non preoccuparti bambina mia, non è niente per fortuna. Ti prometto che quel ragazzo non ti infastidirà più> disse rassicurandola con un sorriso.
E mentre Sofia l’abbracciava ridendo, Aghata credette a quelle parole.
Strinse la sua nuova migliore amica tra le sue braccia e sorrise.

A cura di Chiara Boschi, allieva della classe III C della Scuola Secondaria di Primo Grado “Moruzzi” di Ceretolo, per il progetto “Portiamo a scuola la comunicazione di genere: NarrAzione di Genere 2018”, finanziato dalla Regione Emilia Romagna

Raul è ancora vivo

Firenze, ragazzino albanese di appena 15 anni, ieri nel tardo pomeriggio stava tornando a casa da un corso pomeridiano a scuola, quando è stato aggredito da una baby gang di 5 persone tra 25 e 30 anni.
Raul è un ragazzo solare, fragile, il figlio che tutte le madri vorrebbero spiega sua mamma. Raul era passato a prendere la carne per la cena, era appena uscito dal negozio quando cinque persone gli sono saltate addosso.
Hanno iniziato a picchiarlo, a buttarlo a terra e a calciarlo fino a quando hanno visto che lui non rispondeva più, non dava più cenni di vita e lo hanno lasciato li per terra, solo. Quando la gang è andata via è arrivata la gente che aveva assistito alla scena per soccorrerlo. Raul è stato portato con urgenza all’ospedale, ha subito un trauma cranico e adesso è in coma. La mamma parla al presente perché dice che Raul è ancora vivo, pieno di speranze.

A cura di un’allieva della classe III C della Scuola Secondaria di Primo Grado “Moruzzi” di Ceretolo, per il progetto “Portiamo a scuola la comunicazione di genere: NarrAzione di Genere 2018”, finanziato dalla Regione Emilia Romagna

Chiedere aiuto

Qualche anno fa, quando ero ancora alle elementari, mi è successo di vedere un atto di discriminazione: era una giornata di primavera quando durante una ricreazione un gruppo di ragazzi più grandi si è avvicinato a questo bambino di colore. Hanno iniziato a spingerlo e ad insultarlo, dicendogli che lui non era all’altezza di stare in quella scuola, visto che era di colore, e che se ne doveva tornare al suo paese. Lui iniziò ad essere sempre più triste tenendosi tutto dentro senza dire a nessuno cosa stesse succedendo; perciò, il gruppetto di ragazzi, iniziò ad approfittarsi di lui, tanto non avrebbe detto nulla né agli insegnanti né ai suoi genitori. Un pomeriggio un altro bambino si avvicinò al bambino di colore e vedendolo così triste gli chiese cosa avesse. Lui non gli rispose subito ma dopo qualche secondo gli parlò dicendogli cosa stesse succedendo; sentite queste parole il bambino lo incitò ad andare a parlare con un adulto, così lui lo fece. Detto a dei maggiorenni decisero di denunciare i ragazzi che chiesero scusa al bambino.

A cura di Francesca Baldi, allieva della classe III C della Scuola Secondaria di Primo Grado “Moruzzi” di Ceretolo, per il progetto “Portiamo a scuola la comunicazione di genere: NarrAzione di Genere 2018”, finanziato dalla Regione Emilia Romagna

Pregiudizi e Stereotipi

Ai giorni nostri, purtroppo, ci sono troppi stereotipi e pregiudizi che possono essere di tre tipi: quello razziale, basato sulle diversità tra le persone bianche e quelle di colore, ma non solo, perché negli Stati Uniti i privilegi e i diritti legali o sociali vennero dati ai bianchi Americani e invece negati ai nativi Americani (popoli nati in America prima della colonizzazione: i Pelle Rossa). Un’altra forma di pregiudizio razziale è l’antisemitismo, cioè una persecuzione verso l’Ebraismo svolta da una o più persone, causata da un preconcetto storico-religioso.
Il secondo tipo di pregiudizio è l’androcentrico, basato sulla superiorità dell’uomo rispetto alla donna visto che essa, in passato, era soggetta a non avere un lavoro o diritto al voto; mentre l’ultimo è quello etnocentrico, basato sul giudicare altre culture secondo la propria cultura di appartenenza.
Secondo me tra 20 anni queste fissazioni di alcune persone svaniranno e vedremo tutti aiutarsi a vicenda, ma questo avverrà soltanto quando i razzisti smetteranno di esserlo e capiranno che siamo tutti uguali e che non è il colore della pelle a renderci diversi. A volte, però, questo avviene a causa di un’idea sbagliata dei genitori che insegnano ai figli, come per esempio “se non dormi chiamo l’uomo nero”, di conseguenza i bambini cresceranno con la paura di stare vicini o avvicinarsi ad una persona di colore.

A cura di un allievo della classe III C della Scuola Secondaria di Primo Grado “Moruzzi” di Ceretolo, per il progetto “Portiamo a scuola la comunicazione di genere: NarrAzione di Genere 2018”, finanziato dalla Regione Emilia Romagna

Abbiamo tutti lo stesso valore

A chi interssa il colore? Abbiamo tutti lo stesso valore!!!!!

 

Elaborato della classe I A Scuola Rolandino De’ Passaggeri, Bologna, laboratorio “Lo sguardo dell’altro, l’incontro con l’altro” nell’ambito del Progetto Educalè cofinanziato con i fondi della Legge Regionale 18/2016 “Testo unico per la promozione della legalità e per la valorizzazione della cittadinanza e dell’economia responsabili” e nell’ambito di “Portiamo a scuola la comunicazione di genere” cofinanziato da Regione Emilia Romagna, annualità 2017.

Le stesse possiblità

Smontiamogli stereotipi 2

Smontiamo gli stereotipi per dare a maschi e femmine le stesse possibilità

Diverso da chi??

 

Elaborato della classe I A della Scuola Rolandino De’ Passaggeri, Bologna, laboratorio “Lo sguardo dell’altro, l’incontro con l’altro” nell’ambito del Progetto Educalè cofinanziato con i fondi della Legge Regionale 18/2016 “Testo unico per la promozione della legalità e per la valorizzazione della cittadinanza e dell’economia responsabili” e nell’ambito di “Portiamo a scuola la comunicazione di genere” cofinanziato da Regione Emilia Romagna, annualità 2017.