Storia di una vacanza

Era il mese di agosto del 2017 e la famiglia Berti originaria di Milano, aveva deciso di
passare una settimana dei loro quasi 2 mesi di vacanza in Sardegna. Era una famiglia
benestante, che si sentiva superiore agli altri e con la puzza sotto il naso, il padre uno
stimato ingegnere e la madre un’affermata avvocatessa, con i loro due figli Luca di 9 anni
e Martina di 7 anni, capricciosi e lagnosi. Arrivati in albergo si sistemarono nella loro
suite, presero i teli da mare, le creme solari e la borsa con gli occhialini per i bambini
e andarono nella spiaggia privata dell’hotel; un bagnino dai modi cortesi e gentili, li
accompagnò alla prima fila dello stabilimento balneare, aprì l’ombrellone e
sistemò le sdraio, dopo aver messo la crema ai bambini entrarono tutti in acqua a farsi
un bel bagno, la giornata sembrava essere perfetta… Nel tardo pomeriggio arrivarono in
spiaggia una famiglia proveniente dal Sud Africa, che furono collocati vicino ai signori
Berti; anche loro avevano due bambini, erano due gemelli di otto anni, con due grandi e
profondi occhi neri e dalla faccia buffa e simpatica e fecero subito amicizia con i figli dei
signori Berti. I genitori di Luca e Martina si inventarono ogni tipo di scusa per non farli
stare insieme, ma invano, perché fortunatamente i bambini non hanno pregiudizi e non
fanno differenze di nessun tipo, così, dopo un po’, non tollerando più quella compagnia
per i loro figli, secondo loro “sporchi” (aggettivo con cui soprannominavano i due
gemellini Abdul e Miriam) andarono a reclamare in direzione, lamentandosi del fatto che
non volevano stare vicino ai Sud Africani, dicendo che i loro figli potevano essere
contagiati chissà da quale malattia, che erano una famiglia chiassosa e senza buone
maniere, quindi volevano essere cambiati di posto. Il responsabile dello stabilimento non
credeva alle sue orecchie, si infuriò dicendo che in 30 anni di carriera non aveva mia
sentito una sciocchezza simile e che non li avrebbe mai e poi mai spostati da un’altra parte,
perché anche la famiglia sud-africana aveva pagato come tutti gli altri e aveva gli stessi
loro diritti di stare lì. Nel frattempo che i Berti stavano tornando al loro posto offesi e
arrabbiati, si sentì un grido disperato di “Aiutooooooooo!!”; l’avvocatessa riconobbe
subito la voce della figlia e si precipitò in riva al mare, non si era sbagliata: Martina stava
affogando. Senza pensarci due volte il papà dei gemelli si buttò in acqua e portò in salvo
la piccola, furono attimi di terrore, perché Martina era viola e non respirava, le batté
delicatamente la mano sulla spalla per liberarla dall’acqua che aveva ingoiato, ma non
reagiva, allora iniziò a farle la respirazione bocca a bocca e, dopo attimi che sembravano
un’eternità la bimba iniziò a tossire: era salva! Il papà dei gemelli, con un sorriso che
mostrava la sua dentatura perfetta disse semplicemente: “I dottori servono a questo”. I
Berti sollevati e rossi dalla vergogna, ringraziarono e si scusarono per il loro
comportamento. Il resto della vacanza proseguì magnificamente, le due famiglie
sembravano amici di vecchia data, trascorsero il tempo sempre insieme, fra risate,
chiacchiere e armonia, si era instaurato un rapporto di fiducia e amicizia…

A cura di Samuele Bruno, alunno della classe III C della Scuola Secondaria di Primo Grado “Moruzzi” di Ceretolo, per il progetto “Portiamo a scuola la comunicazione di genere: NarrAzione di Genere 2018”, finanziato dalla Regione Emilia Romagna

Un mondo meno complicato

Come sarebbe bello vivere in una società dove ognuno, indipendentemente dall’essere
uomo o donna, può fare il lavoro che più gli piace, quello che gli dà più soddisfazione,
che lo diverte, senza sentirlo solo con un dovere ma anche come un passatempo.
A mio avviso ne deriverebbero molteplici vantaggi: innanzitutto ognuno
sarebbe più felice, più di buon umore, affronterebbe la vita compiuta con più
leggerezza e ottimismo; si soffrirebbe meno di ansia e forse anche la depressione non
esisterebbe.
Penso che sarebbe anche più facile integrarsi, si avrebbe modo di confrontarsi alla pari
e nessuno si sentirebbe inferiore ad un altro o essere ridicolizzati se si svolge un lavoro
considerato prettamente maschile o femminile.
Immagino un mondo meno complicato, dove non si viene giudicati solamente per dei
pregiudizi, dove non esistono le prese in giro e anche dove sarà “normale” se portando
la macchina dal meccanico sarà una donna a farti il lavoro e a riconsegnartela come
nuova o andando a casa del tuo amico trovare il papà alle prese con i fornelli, il bucato
e l’aspirapolvere. (Chi l’ha detto che il lavoro casalingo è solamente femminile?)

A cura di Samuele Bruno, alunno della classe III C della Scuola Secondaria di Primo Grado “Moruzzi” di Ceretolo, per il progetto “Portiamo a scuola la comunicazione di genere: NarrAzione di Genere 2018”, finanziato dalla Regione Emilia Romagna

In giro per Bologna

Quando ero piccola mio zio mi raccontò un’ esperienza di discriminazione successa davanti i suoi occhi.
Tutto iniziò dopo una deliziosa cena. Decisero quindi di andare a fare una passeggiata in centro a Bologna per smaltire un po dei tortellini in brodo mangiati precedentemente.
Dopo aver camminato 10 minuti sotto i portici decisero di incamminarsi verso Piazza Maggiore, secondo mio zio la piazza più bella di Bologna.
Dopo aver fatto un bel giretto decisero di andare in una via piena di negozi e mercatini ambulanti, era pieno di luci che illuminavano i prodotti in vendita e profumi che passavano da una torta al cioccolato a una pizza appena sfornata.
Passarono anche davanti un mercatino ambulante che vendeva borse e si accorsero che un uomo stava discutendo con il venditore. Dopo 5 minuti l’uomo iniziò ad alzare la voce sempre di più attirando l’attenzione delle persone intorno.
L’uomo diceva:”ridammi i miei soldi, queste borse sono false! Tornatene nel tuo paese!” Il venditore aveva la pelle nera, quindi probabilmente l’uomo era solo un razzista che cercava di derubare il venditore inventando scuse. L’uomo estrasse una pistola dalla tasca dei pantaloni minacciando il venditore che se non gli avesse dato in dietro dei soldi gli avrebbe sparato. Non fece in tempo a finire di minacciarlo che subito arrivarono la polizia e i militari: probabilmente chiamati da una persona che stava guardando l’accaduto. i poliziotti arrestarono l’uomo armato e provarono che il venditore era legalmente in regola.
Sfortunatamente al giorno d’oggi esistono vari tipi di discriminazione e sono spesso presenti ovunque tu vada.

A cura di Eleonora Fini, allieva della classe III C della Scuola Secondaria di Primo Grado “Moruzzi” di Ceretolo, per il progetto “Portiamo a scuola la comunicazione di genere: NarrAzione di Genere 2018”, finanziato dalla Regione Emilia Romagna

Discriminazioni

Un mese fa ero sull’autobus con mia mamma, quando successe una cosa incredibile.
Appena salito, un anziano iniziò ad urlare contro una persona che era seduta nel posto riservato agli anziani.
La persona era un ragazzo di colore, aveva gli auricolari e stava ascoltando la musica, perciò non poteva sentire il vecchio gridare. Dopo poco l’uomo iniziò a insultarlo pesantemente per il colore della sua pelle fino a quando l’autista si fermò e fece scendere l’anziano dall’autobus.

A cura di Matteo Garelli, allievo della classe III C della Scuola Secondaria di Primo Grado “Moruzzi” di Ceretolo, per il progetto “Portiamo a scuola la comunicazione di genere: NarrAzione di Genere 2018”, finanziato dalla Regione Emilia Romagna

Il mondo senza stereotipi

Il mondo è pieno di stereotipi e di pregiudizi, ma come sarebbe il mondo tra 20 anni se non ci fossero più questi stereotipi?
Secondo me cambierebbero moltissime cose.
La cosa forse più banale che mi viene in mente è la discriminante del colore della pelle; infatti in un ipotetico futuro senza pregiudizi e stereotipi i neri verrebbero accolti nella società di oggi come persone normalissime.
Non ho citato i migranti per un semplice motivo: in questo mondo utopico non ci sarebbe neanche la guerra e quindi neanche i migranti che scappano da essa, anche se vi è una parte di migranti che emigra per cause naturali.
Girando per le strade ci sarebbe inoltre una quiete surreale, in cui tutti stanno bene con tutti.
Un’altra cosa che cambierebbe sicuramente è il nome dei lavori.
Come citato in classe, vi è una forte discriminante per cui le donne non possono fare alcuni lavori, o comunque sembra strano che lo facciano.
Per concludere, secondo me sparirebbe qualsiasi tipo di presa in giro. Senza stereotipi una persona non verrebbe presa in giro perché è grassa oppure perché è poco intelligente.

A cura di Matteo Garelli, allievo della classe III C della Scuola Secondaria di Primo Grado “Moruzzi” di Ceretolo, per il progetto “Portiamo a scuola la comunicazione di genere: NarrAzione di Genere 2018”, finanziato dalla Regione Emilia Romagna

Fra vent’anni

Oggi viviamo in un mondo con molti pregiudizi e stereotipi, i pregiudizi fanno si che persone vengano giudicate prima che siano conosciute, spesso in modo negativo.
Simili sono gli stereotipi: anche loro ci fanno apparire il mondo più aspro e cattivo.
I pregiudizi e le discriminazioni tra uomo e donna sono molti, ad esempio: gli uomini vengono pagati più delle donne, fanno più carriera…
Fra vent’anni ci aspettiamo che si raggiunga la parità fra uomo e donna.
Per vivere in armonia con gli altri bisognerebbe non giudicare le persone dal loro aspetto fisico o da come si comportano e non essere influenzati dai pensieri altrui.

A cura di Francesca, allieva della classe III C della Scuola Secondaria di Primo Grado “Moruzzi” di Ceretolo, per il progetto “Portiamo a scuola la comunicazione di genere: NarrAzione di Genere 2018”, finanziato dalla Regione Emilia Romagna

Il ragazzo della spiaggia

Un giorno in spiaggia vidi insultare una persona di colore soltanto perché aveva fatto un punto all’altra squadra giocando a pallavolo.
Gli urlavano addosso insulti, ma dopo un po’ un ragazzo lo difese dicendo a tutti: “Basta dire nero di …solo perché ha fatto un punto!”.
Allora, il ragazzo di colore lo ringraziò e gli altri, avendo assistito a questa scena cominciarono ad incitarlo.
Con il passare del tempo, grazie al tifo, il ragazzo di colore divenne sempre più bravo e tutti i giorni mentre giocava, aveva un gran sorriso.
A fine estate però, nessuno vedeva più il ragazzo di colore e ci si chiedeva tutti il perché.
Un signore disse che era stato preso in una squadra di pallavolo così, quelli del bar della spiaggia offrirono da bere a tutti.

A cura di Jacopo Germinario, allievo della classe III C della Scuola Secondaria di Primo Grado “Moruzzi” di Ceretolo, per il progetto “Portiamo a scuola la comunicazione di genere: NarrAzione di Genere 2018”, finanziato dalla Regione Emilia Romagna

Sii ciò che vuoi, sempre

La storia che oggi racconto parla di un ragazzo senegalese di nome Samuel.
Samuel era un ragazzo di 29 anni, proveniente dal Senegal, che aveva dovuto abbandonare tutta la sua famiglia ed il suo lavoro per venire qui in Italia alla ricerca di una vita migliore e soprattutto un lavoro migliore e condizioni di vita migliori di prima.
Ho detto “era”, infatti, perché Samuel è stato picchiato a sangue e ucciso da 4 ragazzi di circa 17/18 anni solo perché era Nero, di colore, cioè un colore di pelle diverso dal loro. Una cosa inspiegabile.
Perché succedono ancora queste cose?
Perché dobbiamo andare avanti in questo modo? Dovremo farlo ancora per molto?
Quando è che finiranno questi stupidi ed insignificanti pregiudizi?

Ognuno dovrebbe vivere con il fatto che nessuno è superiore a nessun altro, che non sei migliore se giudichi una persona senza nemmeno conoscerla, sulla base di un pregiudizio, cosa del tutto sbagliata da fare.

Ognuno di noi è libero di essere ciò che vuole e diventare ciò vuole, indipendentemente da quello che gli altri pensano.
Devi essere felice con te stesso e non far felice gli altri.

sii ciò che vuoi, sempre

A cura di Martina Tromboni, allieva della classe III C della Scuola Secondaria di Primo Grado “Moruzzi” di Ceretolo, per il progetto “Portiamo a scuola la comunicazione di genere: NarrAzione di Genere 2018”, finanziato dalla Regione Emilia Romagna

Amici a scuola

Mi ricordo, quando eravamo alle elementari, molti avevano dei problemi ad andare d’accordo.
Si formavano molti gruppetti, molte persone che giocavano con i sentimenti altrui ma ora, per molte persone, si è sistemato tutto.
Alle elementari c’era un bambino che veniva spesso escluso dai giochi e dei lavoretti di gruppo e solo dalla quinta elementare abbiamo iniziato, quasi tutti, ad andare d’accordo.
Veniva spesso preso in giro per il suo aspetto e lui ci rimaneva molto male, andava spesso dalle maestre a lamentarsi di qualcuno, ma sembrava,quasi, che non importasse nessuno.
Le maestre intervenivano sgridando i bambini ma solo dopo tanto tempo riuscirono a far andare d’accordo questo bambino con il resto della classe.
Ci facevano fare tanti lavori in cui, i gruppi venivano decisi dalle insegnati e, a quanto pare, è servito, perché dopo tanto tempo, esattamente in quinta elementare, siamo riusciti ad andare d’accordo restando ,anche oggi, tutti amici.

A cura di Federica Pesaresi, allieva della classe III C della Scuola Secondaria di Primo Grado “Moruzzi” di Ceretolo, per il progetto “Portiamo a scuola la comunicazione di genere: NarrAzione di Genere 2018”, finanziato dalla Regione Emilia Romagna

Il mondo fra vent’anni

Secondo me ,un mondo senza pregiudizi o stereotipi, non sarebbe più lo stesso.
Quasi tutti al nostre affermazioni si basano su di esse e questo vorrebbe dire che noi sapremo già tutto.
Al momento ci dobbiamo ancora adattare al pensiero che una donna possa fare il lavoro di un uomo, e questo sembra già difficile di suo!
Le donne, ancora al giorno d’oggi, vengono immaginate come delle domestiche che devono badare solo alla casa e alla famiglia a differenza di altre che svolgono dei lavori piuttosto “tosti” mentre noi non ce ne rendiamo conto.
Ma se dovesse succedere che tra vent’anni il mondo sarà vuoto di stereotipi e pregiudizi, secondo me, si tornerebbe all’età dell’industrializzazione, ovvero che le donne avranno lo stesso ruolo, nel industria, degli uomini.

A cura di Federica Pesaresi, allieva della classe III C della Scuola Secondaria di Primo Grado “Moruzzi” di Ceretolo, per il progetto “Portiamo a scuola la comunicazione di genere: NarrAzione di Genere 2018”, finanziato dalla Regione Emilia Romagna